Fra storia e leggenda: i castelli delle colline
I castelli, luoghi intrisi di storia, una storia di contese per la conquista dei territori, di lotte e dominazioni. Luoghi senza tempo che custodiscono leggende al limite fra realtà e fantasia.
Oggi vi facciamo volare indietro nel tempo con questo viaggio fra i castelli che si nascondono fra le colline del Conegliano Valdobbiadene e le montagne che li sovrastano! Un viaggio fra realtà e fantasia, fra passato e presente, fra storia e leggenda. Pronti a volare con noi?
Castelbrando
Castelbrando domina il piccolo borgo di Cison di Valmarino, dall’altezza del Monte Castello.
La storia
Il castello fu costruito sulla base di un precedente castrum romano, probabilmente nell’Alto Medioevo. Dopo il governo delle casate dei Colfosco e dei Da Camino, il futuro del castello fu segnato dalle vicende dei Conti Brandolini che, dopo aver ottenuto la concessione per il goveno del territorio da parte della Serenissima, si insediarono qui per quasi 500 anni. I conti tennero il castello sino al 1959, quando lo vendettero ai Salesiani, che lo utilizzarono come seminario e luogo di ritiro. Oggi la struttura viene gestita dall’imprenditore Colomban e ospita un hotel con spa, un centro congressi e un ristorante.
La leggenda di Gilberto, Isoardo e Amelia
Gilberto, cavaliere fiero e generoso, amava perdutamente Amelia. Gli sposi vivevano nella tranquillità quando un giorno Gilberto fu richiamato dalla fede a partecipare a una delle Crociate in Terra Santa. Amelia accettò con rassegnazione il distacco e cucì con le sue mani la croce rossa sulla veste del marito. Alla partenza, come pegno d’amore, Gilberto divise in due parti la collana dell’amata e partì; finché la collana non fosse tornata Amelia avrebbe mantenuto fede alla sua promessa.
I crociati combatterono per lungo tempo e Amelia aspettò per anni il ritorno del marito ma con il passare del tempo la speranza cominciò a svanire. Durante una battuta di caccia un orso fece imbizzarrire il suo cavallo, rischiando di farla cadere, quando sentì una mano forte domare il destriero. Era Isoardo, giovane signore della vicina Mura. Bastò uno sguardo per far nascere l’amore. I due non si rividero per lungo tempo, finché dalla Terra Santa giunse la notizia che Gilberto giaceva sul campo di battaglia ferito a morte. Sconvolta Amelia uscì a cavallo senza meta e fu raggiunta da Isoardo che per errore aveva ricevuto il testamento di Gilberto recapitato da due crociati.
Poco dopo Isoardo e Amelia si sposarono. Il giorno delle nozze comparve al castello un misterioso cavaliere con la visiera abbassata, che chiese ospitalità. Venne invitato a tavola e lì cominciò a narrare la storia di una collana e di una promessa… Amelia improvvisamente capì e svenne. Gilberto lanciò sul tavolo il guanto e la collana in segno di sfida, accecato dalla gelosia a dalla brama di vendetta. Invano i due amanti cercarono di scappare all’ira del cavaliere.
La fuga terminò al lago di Revine dove i due amanti trovarono la morte. I loro corpi non furono più ritrovati; giacciono ancora nel fondo del lago.
Castello di San Salvatore
Il Castello di San Salvatore è collocato a Susegana, fra Conegliano e Nervesa della Battaglia.
La storia
La storia del castello si lega indissolubilmente a quella della famiglia dei Collalto, di origine longobarda che ottenne i diritti feudali sul territorio già nella metà del 1200. La costruzione del castello ebbe inizio alla fine del tredicesimo secolo e agli inizi del quattordicesimo secolo i Collalto ottennero la piena giurisdizione sulle contee di Collalto e San Salvatore. Fu al coinvolto nelle lotte tardo medievali che interessarono le principali città italiane, vantando una posizione dominante sui traffici lungo il Fiume Piave e sulle principali vie di comunicazione.
Dopo la Guerra della Lega di Cambrai il castello iniziò a perdere la sua funzione di centro militare, evolvendosi in dimora signorile e centro di potere. Perse poi gran parte della sua autonomia con le invasioni napoleoniche in Italia e con l’abolizione del regime feudale e subì in seguito pesanti distruzioni durante la Grande Guerra, data la sua vicinanza con il fronte del Piave.
Oggi un erede della famiglia dei Collalto, la principessa Isabella, vive ancora nel castello, dove gestisce la cantina Collalto e un relais de charme.
La leggenda della torre del castello di San Salvatore
La torre del castello di San Salvatore, se vista da lontano, ricorda un viso con una bocca e due occhi. Questo volto scrutava lontano, in tutte le direzioni, per intimorire il nemico ad avvicinarsi alla struttura, vegliando sempre su di essa e proteggendola nei secoli.
Castello di Collalto
Il Castello di Collalto è situato nei pressi del corso del Piave, fra Falzè di Piave, Farra di Soligo e Susegana, poco distante dal Castello di San Salvatore.
La storia
L’area di Collalto e Susegana era conosciuta già nel periodo romano, come testimoniano i ponti di epoca romana tutt’ora esistenti nella zona di Sant’Anna. Sul colle dove sorge ora il castello erano presenti delle fortificazioni già in epoca longobarda anche se la costruzione di un primo centro fortificato sulla collina che guarda il Piave viene fatto risalire agli inizi del 1100, come testimonia anche un antico documento del conte Alberto che in questo periodo menziona il castello e assegna importanti donazioni alla chiesa di Collalto. Nel 1312, il conte Rambaldo VIII ottenne per sé e per la sua discendenza dall’imperatore piena giurisdizione sulle contee di Collalto e San Salvatore: il centro fortificato diveniva così il capoluogo di un vasto territorio che comprendeva anche le ville di Falzè, Sernaglia, Barbisano e Refrontolo, mentre il castello di San Salvatore amministrava le ville di Susegana, Colfosco e Santa Lucia. A partire dal 1461 il castello di Collalto fu sede di un monastero francescano soppresso in età napoleonica ed adibito poi a filanda.
In epoca rinascimentale il castello fu meta di artisti, poeti e letterati. Gli Statuti di Collalto furono il primo codice di promulgazione signorile del Trevigiano, rimasto in vigore fino al 1797. Con l’abolizione dell’organizzazione feudale da parte di Napoleone il castello andò incontro ad un rapido declino. La struttura subì poi pesanti distruzioni durante la Grande Guerra, trovandosi vicino al fronte del Piave come il vicino castello di San Salvatore. Del castello e delle sue mura rimane oggi ben poco, come poco o nulla resta dei palazzi, delle antiche chiese e delle torri di guardia.
La leggenda di Bianca da Collalto
La storia di Bianca da Collalto ha origine dalla lotta tra le due famiglie più potenti dell’entroterra della Repubblica di Venezia che si dettero battaglia per secoli: i Da Camino a Ceneda ed i Collalto a Treviso. Questa battaglia ebbe fine con il matrimonio del conte Tolberto di Collalto con Chiara Da Camino. Bianca, figlia di un dipendente dei Collalto, forse orfana, fu allevata con i figli del conte precedente che, così, vi si erano affezionati. Tolberto la mise poi a capo della servitù femminile di Chiara ma pare che questa pare avesse un carattere particolarmente geloso.
Un giorno, in partenza per una crociata, il conte entrò armato nella stanza della coppia, dov’era Chiara. Qui vi era anche Bianca, che stava pettinando la padrona. Uscendo, la contessa vide attraverso lo specchio che il marito salutava Bianca, la quale aveva le lacrime agli occhi. Quando il conte fu distante, presa dalla gelosia la fece imprigionare nelle carceri e, benché dicesse di non aver avuto nessuna relazione d’amore con Tolberto, la fece murare viva in una torre del castello. Al ritorno Tolberto cacciò Chiara per il gesto che aveva compiuto o, secondo un’altra versione, si accontentò alla notizia che Bianca era morta.
Da allora, secondo la tradizione, il fantasma di Bianca appare alla famiglia Collalto quando sono vicine gioie o catastrofi: dalle testimonianze, Bianca apparirebbe con una veste bianca e, nel caso di sventure, con un velo nero sul volto.
Castello di Conegliano
Il Castello di Conegliano domina dall’alto del colle di Giano l’omonima città!
La storia
Il Castello era il punto di riferimento della città di Conegliano già dal periodo medievale quando il nucleo fortificato era al vertice di una sorta di triangolo irregolare, con alla base lo spazio di sviluppo dell’urbanizzazione e della dimensione economica della città. Il castello doveva comprendere una fortezza composta da diverse torri protetta da un sistema integrato di mura e fossati: entro questo spazio, a partire dal XII secolo, vi erano le carceri, una domus comunis e il palazzo del podestà.
Le più antiche notizie sulla fortezza risalgono al XII secolo. Della struttura originaria e della sua evoluzione è possibile fare delle ricostruzioni solo sulla base di testimonianze pittoriche, tra cui quelle del pittore Giovan Battista Cima che qui nacque. Infatti, dell’originario complesso del castello oggi sopravvivono soltanto la torre della Campana (che oggi ospita il museo Civico di Conegliano), parte dell’antico duomo e parte della cinta muraria. Il resto è stato probabilmente distrutto durante le due guerre mondiali.
La piazza storta
Da castello erano presenti diversi cunicoli che permettevano di collegare la fortezza con il resto della città, costituendo delle vie di uscita in caso di pericolo. La piazza principale di Conegliano, Piazza Cima, ad oggi è storta proprio perchè collocata ai piedi del Colle di Giano, con il suo iconico castello!
Castello di San Martino
Il Castello di San Martino domina la città di Vittorio Veneto ed è oggi sede vescovile.
La storia
Nel 1199 la fortezza venne distrutta, così come l’ intero agglomerato cittadino, dai trevigiani.
Durante i primi anni del Quattrocento visse al castello il Vescovo Pietro Marcello ma nel 1410 gli Ungari saccheggiarono e rasero al suolo la struttura. Fu dopo questo scempio che il Vescovo Correr riedificò il castello facendo anche ricostruire la torre visibile tutt’ora. Durante il 1500, fino al 1700, acquisì particolare importanza con l’ apertura di un seminario e in questo periodo la struttura fu frequentata da numerosi artisti e letterati. A fine Ottocento con la confisca di tutti i beni da parte del Regno d’Italia, anche questo edificio passò nelle mani del Re Vittorio Emanuele II ma, non trovando nessun acquirente, ritornò nel 1881 alla Curia.
Importanti lavori di ristrutturazione vennero eseguiti dopo la I Guerra Mondiale e dopo il terremoto del 1936. Tutt’ora il complesso è residenza del vescovo della Diocesi di Vittorio Veneto.
La leggenda di Santa Augusta
Dalla sua rocca sul monte Marcantone, Re Matrucco dominava da padrone dispotico. Al suo fianco la giovane principessa Augusta, orfana di madre, affidata alle cure di Cita, la governante di casa. Matrucco cercava di educare la bambina secondo i costumi e le tradizioni del popolo barbaro cui apparteneva ma essa, istruita dalla buona nutrice, crescendo, rivolse sempre più il suo interesse verso quella nuova religione di cui Cita le parlava e che sapeva essere praticata di nascosto da non pochi Serravallesi, sfidando la persecuzione del barbaro re suo padre.
Augusta era solita raccogliere il pane avanzato sulla mensa del padre per darlo ai poveri che aspettavano l’elemosina. Matrucco non era per nulla soddisfatto del comportamento della figlia: non praticava il culto alle divinità tenute in sommo onore dalla sua schiatta; rifuggiva dalle feste mondane che si tenevano a palazzo e, soprattutto, rifiutava ostinatamente le più lusinghiere offerte di matrimonio. E poi, dove si recava quando usciva furtivamente dal castello? Da quest’ultimo interrogativo, a Matrucco nasceva un dubbio che non gli dava pace; forse la nuova aborrita religione dei cristiani aveva conquistato il cuore anche di sua figlia? Non voleva crederlo, ma bisognava accertarsene, indagare. Impaziente, Matrucco mandò a chiamare uno dei suoi servi più scaltri e gli ordina di sorvegliare segretamente Augusta, per riferirgli poi ogni cosa. Qualche giorno dopo, uscita dal castello, Augusta prese a discendere tranquillamente verso Serravalle. E il servo giù ad inseguirla, senza farsi vedere, veloce proprio come una spia. Giunta all’abitato di fondo valle, Augusta entrò in una casa appartata, dove i cristiani erano soliti riunirsi per pregare e assistere alle funzioni religiose. Qui s’inginocchiò davanti all’altare del vero Dio. Il servo di Matrucco, fu testimone, a debita distanza, della scena e non ebbe alcun dubbio: Augusta era cristiana. Senza attendere un secondo più del necessario, se ne ripartì, bramoso di riferire tutto al suo padrone. La denuncia del servo segnò l’inizio del martirio di Santa Augusta, torturata e rinchiusa dal padre, in cui l’orgoglio smisurato e la barbarie, di cui per natura ed educazione era impregnato il suo carattere, prevalsero sull’istinto paterno, rendendolo capace degli atti più crudeli e impensabili.
Non capace di far cambiare idea alla figlia dopo la reclusione, il re ordinò il secondo atto del martirio ch’egli sperava fosse l’ultimo: il rogo. I soldati presero la fanciulla e la collocarono legata mani e piedi, sopra un mucchio di legna e sterpaglia che si trovava presso le mura del castello. Venne accesso il fuoco, ma questo, tra la sorpresa e la meraviglia dei presenti, non recò il minimo male ad Augusta perché il Signore volle confermare con un miracolo la verità della religione da lei abbracciata. Ormai la mente di Matrucco, del tutto ottenebrata, non era più in grado di ragionare e il cuore gli si era pietrificato: fece preparare una ruota armata di punte di ferro taglienti e ricurve. Poi ordinò che vi si legasse sopra strettamente il corpo di Augusta perché, con il girare di questa ruota, le sue membra venissero lacerate. Iddio però intervenne con un nuovo miracolo: quando gli aguzzini, esecutori degli ordini di Matrucco, stavano per far girare la ruota, un angelo, dal cielo discese sul monte, con un sol colpo spezzò la macchina infame.
Allora Matrucco, aggrappato alle mostruose superstizioni della sue stirpe, ferito nel proprio sconfinato orgoglio, ordinò al boia di decapitare Augusta. È tradizione che, consumato il delitto, Matrucco mutasse il suo furore in amarissimo pentimento e disperato dolore. Si narra che invano andò cercando pace e riposo. Finché un giorno i Serravallesi lo videro abbandonare il suo splendido palazzo e partire con un corteggio di suoi fidi, per ritornare ai natii paesi di Germania.
Lascia un commento